[ RECENSIONE ] Ho nascosto la mia voce di Parinoush Saniee | Garzanti

HO NASCOSTO LA MIA VOCE di Parinoush Saniee
236 pagine | €18.60 cartaceo

IranShahab adora guardare la luna, che se ne sta nel cielo, silenziosa. Come lui che a quattro anni non ha fatto ancora sentire la sua voce. Non c'è niente in lui che non vada. Ha solo deciso che non è il momento di iniziare a parlare. Quando gli altri lo prendono in giro, lui si chiude nel suo mondo con i suoi amici immaginari, Babi AsiPer tutti è un bambino difficile, problematico. Anche per il padre che non ha tempo e voglia di comprendere il figlio ed i suoi silenzi. C'è una sola persona pronta ad ascoltare le sue parole non dette, a capire che ha solamente bisogno di tempo per cominciare a parlare: sua madre Mariam. Perchè anche lei sa cosa significa sentirsi diversi, in una realtà in cui una donna laureata deve rinunciare alla sua carriera per occuparsi della famiglia. Lei sa che il silenzio del bambino in realtà è un'arma contro l'indifferenza del padre. Una richiesta di attenzioni ed affetto. Grazie a lei, Shahab scopre giorno dopo giorno che, a volte, la strada che porta al cuore delle persone è lunga e piena di ostacoli.
Quando ho scelto questo libro non sapevo minimamente quale messaggio di protesta forte ed intimo, al tempo stesso, potesse contenere; non posso che ringraziare la casa editrice per avermi omaggiato di un romanzo che, in un roboante silenzio, arriva dritto fino al cuore. Shahab è il terzo di tre figli di un padre che vede il mondo in bianco e nero. Shahab non parla, a differenza del fratello maggiore Arash ( primo ad ogni corso ed inevitabile cocco di papà con tutte le pressioni e responsabilità che ne derivano! ) e di Shadi, la piccolina di casa, tutta sorrisi, gridolini e chiacchiere infantili. Ma Shahab non è stupido come gli altri cercano di dipingerlo. Shahab sa parlare, semplicemente non vuole farlo!

Nel mondo che lui stesso si è creato, condiviso insieme a due amici inseparabili ed immaginari, Babi e Asi, Shahab capisce ogni singola parola che gli viene rivolta; comprende ogni insulto degli amici che si fanno beffe di lui, della famiglia paterna che lo tratta come un caso perso e del padre che non lo ha mai abbracciato, che non lo ha mai capito, che non ha mai preso le sue difese, che non lo hai sostenuto in quella silenziosa lotta che, oramai, è diventata la sua unica arma. Shahab riesce a percepire il suo disprezzo e la vergogna che prova osservando un figlio che non riesce a reputare nemmeno suo. Come può, d'altronde, aver generato un figlio così tonto che a quattro anni ancora non sa parlare? Come può aver generato un figlio ritardato? Quel figlio che sarà la sua più grande rovina. Cosa dirà la gente?
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